End of waste, il Decreto dell’incompetenza
Il Decreto End of Waste, così come trasmesso all'UE, rischia di bloccare completamente la filiera del riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione. Un problema serio che nasce dai valori a cui gli aggregati riciclati devono sottostare per rispondere ai nuovi requisiti.
End of Waste e incompetenza. Un’equazione semplice che trova un’altrettanto semplice soluzione sul suolo italico. Soprattutto quando si ha a che fare con istituzioni in cui i funzionari sono sostanzialmente dei burocrati che sembrano vivere lontano dalla realtà. Ma non solo quella produttiva. Anche quella della normalità quotidiana. Quella della vita di tutti i giorni. Quella del mondo che ci circonda. Quella che dovrebbe portare a ragionare su come funzionano le cose.
E invece il Decreto End of Waste per i rifiuti da costruzione e demolizione è inciampato proprio sull’incompetenza e sull’ignoranza. Ingoranza di come e di cosa sono costituiti i manufatti e i materiali usati per costruire case, strade, marciapiedi, giardini. Un Decreto atteso da tanto tempo che, però, se approvato nella sua forma attuale, rischia di paralizzare completamente il settore del riciclaggio. Questo a causa dei controlli e dei valori di concentrazione limite di solventi e idrocarburi policiclici aromatici a cui si dovrà sottostare. Ma andiamo con ordine.
End of Waste, fra i Decreti del PNRR
Il tanto atteso decreto fa parte delle cosiddette “milestone” del PNRR previste per l’anno in corso. Ma dopo anni in cui gli operatori del settore attendono l’arrivo del regolamento sulla cessazione di qualifica di rifiuto ecco la sopresa. Lo schema del decreto ministeriale end of waste sui rifiuti da costruzione e demolizione è stato infatti notificato lo scorso 14 marzo alla Commissione Europea. Dopo il periodo di 90 giorni a partire dalla notifica potrà infine essere pubblicato. Rispettando così la scadenza del 30 giugno fissata dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Le norme transitorie durano quindi sei mesi dopo di che entrano definitivamente in vigore. Il mondo del riciclaggio ha quindi tempo fino a fine anno. Con il 2023 assisteremo molto probabilmente alla chiusura degli impianti di riciclaggio con le conseguenze che tutti noi possiamo immaginare.
Paolo Barbieri, Presidente di ANPAR (Associazione Nazionale Produttori di Aggregati Riciclati) spiega nel dettaglio “Il problema di base riguarda i criteri dei controlli da effettuare sui prodotti delle nostre lavorazioni. Criteri che sono indicati nelle tabelle allegate al decreto. Ed in particolare i valori di concentrazione limite di solventi e idrocarburi policiclici aromatici“.
La forza dell’incompetenza
Il presidente di Anpar continua nel dettaglio “I solventi non esistono nei nostri prodotti, quindi obbligarci a ricercarli equivale a imporci un inutile balzello“. La presenza dei cosiddetti IPA, invece, è legata principalmente ai conglomerato bituminosi. Che sono identificati da uno dei codici EER disciplinati dal decreto. Il limite che ci viene imposto è addirittura più basso di quello previsto nel decreto End of Waste del 2018 sul fresato d’asfalto. Il nuovo schema fissa quindi dei limiti di concentrazione estremamente restrittivi”
Continua Barbieri “E’ come se i nostri aggregati riciclati potessero essere usati solo su suoli agricoli o destinati a verde pubblico e non, ad esempio, in edilizia o nelle opere infrastrutturali. Impieghi che invece oggi rappresentano la destinazione prevalente per gli aggregati prodotti dal riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione”.
E spiega ancora “L’errore di base è che ci viene imposta la verifica su elementi che sono costituenti e non contaminanti dei nostri prodotti”. In buona sostanza se si ragionasse con lo stesso criterio anche per i materiali neo costituiti come i conglomerati bituminosi non si potrebbero asfaltare le strade.
I test di cessione nel Decreto End of Waste
Anche per i test di cessione la situazione sfiora il ridicolo. Infatti Barbieri spiega che “E’ vero che i limiti per solfati e cloruri sono stati innalzati a 750 mg per litro però questi continuano ad essere elementi che costituiscono i nostri prodotti e non sono dei contaminanti”. I solfati ad esempio sono presenti in concentrazioni elevate negli intonaci, e i limiti fissati dallo schema di decreto aprono scenari a tratti paradossali. Il PNRR inserisce infatti il regolamento End of Waste sui rifiuti da costruzione e demolizione tra le riforme da adottare entro questa primavera.
Rifiuti ed ecobonus
Le scadenze serrate sono funzionali a garantire la corretta gestione dei rifiuti generati dagli interventi di efficientamento energetico finanziati con l’ecobonus. Ma i nuovi valori limite di concentrazione vanificheranno questa ambizione. Infatti spiega Barbieri che “Per fare il ‘cappotto termico’ bisogna rimuovere l’intonaco. Che è fatto da materiale inerte legato a calce. Se l’intonaco sarà riciclato nei nostri impianti, quell’intonaco darà origine a prodotti che supereranno in maniera importante il limite di 750 mg per litro per i solfati. Ma senza che questo sia una minaccia per l’ambiente”.
Continua il Presidente di ANPAR “Oltretutto sia Ispra, sia l’Istituto Superiore di Sanità, sia il Ministero della Transizione Ecologica sanno benissimo che quel contenuto di solfati non comporta danni per la salute o per l’ambiente. Purtroppo però l’eventuale riciclo degli intonaci generati dai lavori dell’ecobonus nei nostri impianti darà origine a prodotti non conformi al decreto End of Waste. Ciò significa non riciclarli e conferirli discarica“.
Una vicenda al limite del grottesco
Il problema è in realtà ben più ampio e coinvolge non solo gli intonaci. Infatti i nuovi limiti di concentrazione sono restrittivi al punto da mettere le imprese del settore riciclaggio in grande difficolt. Addirittura fino al punto di non poter operare su buona parte dei rifiuti in ingresso negli impianti. “Ance (Associazione Nazionale dei Costruttori Edili) è molto preoccupata. Questo decreto, così come strutturato, di fatto bloccherà i loro cantieri. Questo perché i rifiuti generati dai lavori non potranno essere riciclati. Così come a valle del processo tutte le infrastrutture che oggi utilizzano aggregati riciclati torneranno ad utilizzare prodotti naturali”.
Di fatto il tasso di riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione oggi sfiora l’80% . Ma con il nuovo decreto si corre il serio rischio che scenda addirittura sotto al 10%. Non è un’esagerazione bensì una constatazione di Anpar basata su dati, evidenza scientifica e andamento del settore nel tempo.
Specifica infatti Barbieri che “Il Decreto, nella sua prima formulazione, era addirittura retroattivo. Cioè vincolava ai limiti indicati nelle tabelle anche gli aggregati già pronti negli impianti. Una situazione al limite del grottesco”. Il nuovo testo concede invece alle imprese un periodo transitorio di sei mesi.
La paralisi causata dal Decreto End of Waste
“Questo significa che potremo continuare a vendere i materiali da riciclo già pronti negli impianti fino alla fine dell’anno. Dopo di che saremo costretti a fermare le nostre attività di recupero visti i valori a cui siamo sottoposti non rispecchiano la realtà delle cose, la realtà dei manufatti che si demoliscono e si riciclano“ spiega il Presidente di ANPAR.
Un vero peccato per un mercato virtuoso in quanto “Abbiamo sempre sostenuto che il decreto End of Waste sui nostri rifiuti fosse uno strumento eccellente per valorizzare e far crescere il mercato degli aggregati riciclati. Infatti oggi” sottolinea Barberi “il 78% delle 40 milioni di tonnellate di rifiuti da costruzione e demolizione generate ogni anno è trasformato in nuovi prodotti largamente utilizzati nelle costruzioni infrastrutturali”.
Gli aggregati riciclati come risorsa economica
E continua “Gli aggregati riciclati si usano in parte anche per misti cementati e calcestruzzi a bassa resistenza. Molte aziende stanno sperimentando e svolgendo ricerca per calcestruzzi ad alta resistenza con aggregati riciclati a base di rifiuti provenienti da strutture in solo calcestruzzo armato. Un settore vivace, quindi, dove le aziende investono per trovare soluzioni ecologiche ed economicamente convenienti.”
Il settore aspettava quindi la pubblicazione di un Decreto che stabilisse condizioni inequivocabili in base alle quali un rifiuto cessa di essere tale e diventa un prodotto. Il testo inviato a Bruxelles, tra l’altro, scioglie una serie di nodi che da tempo ostacolavano l’operatività delle imprese di settore. Come ade esempio la caratterizzazione e la dichiarazione di non pericolosità dei rifiuti. Ma sottolinea il Presidente di ANPAR “A fronte dell’intera paralisi della filiera tutto questo è una magra consolazione”. E tutto questo semplicemente per l’incompetenza di chi ha scritto il Decreto.