Sicurezza e macchine. Il corso del “patentino” non è una scuola guida!
Spesso si confonde il corso per l'ottenimento dell'abilitazione alla guida in sicurezza delle macchine operatrici con una scuola guida. Cosa quanto mai falsa.
Sicurezza e abilitazione professionale. Due parole che, se accoppiate, sono estremamente rischiose. Rischiano infatti di scatenare l’orticaria degli addetti ai lavori. Soprattutto di quegli operatori che vivono ancora di vecchi miti. Come quello dell’uomo forte e duro. Quello che se ha delle cicatrici, se gli manca un dito, se ha perso una mano, ha dimostrato di saper lavorare. E spesso deridono istruttori e persone che si dedicano alla formazione nel campo della sicurezza delle macchine perché “Cosa ne sanno loro che nemmeno le guidano?”.
Posso capire, ma non condivido, la cattiva sopportazione di insegnanti mal preparati verso un settore altamente specialistico. Posso capire, ma non condivido, che molti istruttori siano professionisti riciclati verso un’opportunità di lavoro che, di fatto, si basa su un obbligo di legge. Ma questo succede anche in istituzioni ben più “blindate” come, ad esempio, la scuola. Sia essa dell’obbligo che di secondo grado o universitaria. Ma nessuno mette in dubbio la validità di base dell’istituzione scolastica.
Andare a scuola di sicurezza
Tutto questo succede perché si confonde il corso di formazione per l’uso in sicurezza delle macchine movimento terra con un corso di scuola guida. Cosa assolutamente falsa! E spesso con il beneplacito delle stesse aziende che, con la scusa del “patentino”, iscrivono ai corsi persone che con le macchine non hanno mai avuto niente a che fare. Con l’evidente impossibilità, nelle poche ore riservate al corso, di poter insegnare anche solo alcuni rudimenti di base. Un equivoco alimentato dalla normativa attuale che, da questo punto di vista, è assolutamente colpevole di mancanze e vuoti legislativi clamorosi.
Vuoti che sono presenti da tempo con il benestare delle associazioni di settore. Siano esse rappresentative delle imprese o dei lavoratori. Da un lato le aziende si lamentano della mancanza di personale. Dall’altro ci si lamenta dei trattamenti economici. Di fatto non si vedono mai chiari movimenti congiunti e con lo stesso obiettivo in cui si chieda una formazione adeguata per i ragazzi che vorrebbero imparare questa fantastica professione.
Una professione pericolosa
Professione fantastica, appunto, ma pericolosa. Dove la sicurezza spesso è lasciata da parte in quanto ritenuta un “vincolo operativo” che non permette di svolgere alcuni lavori. Nulla di più falso. Lavorare seguendo un’organizzazione e secondo le regole stabilite è più produttivo e comporta rischi decisamente minori. Laddove si devono affrontare situazioni particolari occorre semplicemente stabilire delle procedure e attenersi al loro rispetto. Tutto questo si chiama professionalità. E serve per attirare i giovani. Quei giovani che sono spesso ingiustamente criticati dimenticando che – giustamente – non vogliono saperne di mani mozze, cicatrici o dita mancanti.
La normativa però non fa nulla per insegnare a questi ragazzi una professione. Prima dei 18 anni non è possibile per loro salire ufficialmente su una macchina operatrice. Non vi è quindi la possibilità, alla luce del sole, di poter loro insegnare un mestiere ad altissimo valore aggiunto. Come invece viene fatto in altri paesi, come ad esempio la Germania che, oggettivamente, puntano da sempre alle imprese come nucleo fondamentale del benessere di tutti. Benessere dato dalla dignità di svolgere un lavoro in modo sicuro e apprezzato da tutti.